Una riflessione critica sulla delibera sul governo della domanda in Lombardia . A cura di Guido Marinoni.

Una riflessione critica sulla delibera sul governo della domanda in Lombardia . A cura di Guido Marinoni.

Data: 7 Marzo 2017

Esistono due modi, non incompatibili tra di loro, per confrontarsi con la recente DGR lombarda sul governo della domanda.

Il primo, doveroso per un Sindacato che ha a cuore le sorti di una categoria professionale, è quello di proporre modalità per consentire ai medici di medicina generale di svolgere il loro ruolo all’interno del nuovo sistema proposto da Regione, tenendo presenti i valori fondanti del rapporto di fiducia con il cittadino e la mission delle cure primarie, che è la capacità di fare sintesi tra i diversi apporti specialistici e di gestire un rapporto di cura fatto di continuità e di personalizzazione. In questa prospettiva è fondamentale l’ affermazione della competenza specialistica, accreditata anche dal Piano Nazionale della Cronicità, del medico di medicina generale nella formulazione e nella gestione del PAI (piano assistenziale individuale).
E’ fondamentale la proposta delle cooperative di servizi, finalizzata a gestire gli aspetti organizzativi complessi della cronicità, che vanno oltre le possibilità del singolo studio professionale e che proprio per questo consente di garantire l’individualità del medico nel suo rapporto fiduciario con il cittadino anche nei nuovi modelli organizzativi.
Si tratta di affermare che la medicina di famiglia, al di là delle diverse progettualità dei sistemi sanitari, svolge comunque un ruolo fondamentale in qualunque sistema di cure organizzate della cronicità.

Premesso quanto sopra, tuttavia, diventa essenziale, in un contesto più generale, esprimersi sulla proposta di modello di servizio sanitario, che, senza dichiararlo apertamente, cambia completamente i presupposti del nostro Servizio Sanitario Nazionale.

Non si tratta qui di discutere la modalità di cura secondo il CCM (chronic care model), data per acquisita in tutti i sistemi di gestione della cronicità, almeno di quei paesi che hanno affrontato il problema.
CCM è il modello toscano, CCM è la sperimentazione CReG in Lombardia, CCM è il modello proposto da Kaiser Permanente negli Stati Uniti in un sistema completamente diverso.

Non si tratta neppure di mettere in discussione la gestione a budget della cronicità, insita nella definizione stessa di un fondo sanitario nazionale e nei contratti tra aziende sanitarie ed erogatori.

Si tratta di proporre, in modo non dichiarato, lo smantellamento di un servizio fondato sulla fiscalità generale e sulla gestione pubblica delle risorse, per passare a un sistema di tipo mutualistico.

Intendiamoci, i sistemi mutualistici non vanno certo demonizzati: con sistemi di questo tipo si gestisce la sanità in gran parte dei paesi Europei, ad esempio in Francia e in Germania: possono essere efficienti, etici e universalistici e non vanno confusi con i sistemi assicurativi.

Ci si aspetterebbe, tuttavia, che ciò avvenisse con un atto legislativo, non con un atto amministrativo come un delibera di giunta, ci si aspetterebbe che una riforma radicale di questo tipo passasse attraverso un dibattito pubblico, non tra le righe dell’attuazione di una legge regionale che non lo prevede, almeno espressamente.

In effetti, la figura del “Gestore”, al momento esclusivamente per la cronicità, ma in prospettiva potenzialmente per le altre attività sanitarie, appare come un soggetto che riceve le risorse della fiscalità generale e le gestisce, per scelta del cittadino, in futuro, forse, ma ancora tutto da scoprire, anche erogando in proprio le prestazioni.

Gli erogatori, fino ad oggi governati con i tetti di spesa, disporranno di tutto il budget della cronicità e produrranno in proprio (o acquisteranno) le prestazioni sanitarie per conto degli assistiti: è l’attività tipica di una mutua.

La prima conseguenza sarà quella, per la sopravvivenza fondata sui grandi numeri, di accaparrarsi il massimo numero di assistiti: i soggetti economicamente più dotati potranno dedicare a questa fase di raccolta della clientela investimenti che verranno ripagati a lungo termine, il che lascia prevedere che vi sarà uno spostamento dell’erogazione dall’ASST ai soggetti privati accreditati, non necessariamente a contratto.

Resta da vedere se oltre all’8% dedicato alla gestione e al delta di tariffa vi sarà anche il ripiano dell’eventuale rischio di impresa. Se ci sarà il ripiano si arriverà alla insostenibilità economica del sistema, in nome delle linee guida che, non dimentichiamolo, sono parte fondante della recente legge sulla responsabilità professionale e della revisione dei LEA, se ripiano non ci sarà si andrà verso un sistema a risorse limitate, non in grado di garantire tutti i servizi.

In entrambi i casi si arriverà alla necessità di rifinanziare il sistema e i gestori offriranno ai cittadini un sistema di integrazione, sempre preferibile all’ “out of pocket” diretto: il cerchio comunque si salda con il passaggio a un sistema mutualistico.

In questo contesto il medico di medicina generale assumerà necessariamente un ruolo di regolatore del sistema, di “fiduciario delle mutue” e anche se offrirà, tramite le cooperative, una propria proposta probabilmente più etica di quella dei privati investitori, in un contesto di verosimile alleanza con le ASST, necessariamente sempre più deboli e meno competitive, verrà completamente modificato il suo ruolo, ma non certo annullato.

Più che da questa evoluzione del sistema la sopravvivenza del medico di medicina generale è maggiormente minacciata dalla carenza di professionisti formati .
Certamente, l’ACN del medici di medicina generale, così come lo si sta rinnovando, è assolutamente inadatto al nuovo scenario.

Ma la preoccupazione principale è per il futuro dell’ assistenza nella nostra Regione.
Un passaggio di questo tipo prevede un sistema di governance e di controllo programmatorio di assoluta complessità, per il quale non si intravedono nell’attuale scenario né risorse umane specificamente formate, né chiarezza di intenti e strategie.

Qualcosa nascerà, ma nel frattempo il nostro sistema sanitario sarà distrutto in cambio del vantaggio economico immediato di pochi soggetti privati.

Più che come medici, preoccupiamocene come cittadini.



Download documenti

Condividi sui social